Tanto Pe' Cantà

“Tanto Pe’ Cantà” è, senza ombra di dubbio, una delle canzoni romane più famose ed apprezzate di sempre, almeno in Italia. Stiamo infatti parlando di uno di quei brani talmente popolari da appartenere a un paese intero. Uno di quei brani che abbiamo cantato tutti e che continuano a sopravvivere alla prova del tempo (GUARDA IL VIDEO DELLA MIA INTERPRETAZIONE). Eppure, persino questa canzone presenta diversi elementi sconosciuti anche a coloro che la amano. Scopriamo insieme quali.

IL CAPOLAVORO DI NINO MANFREDI
Parlare di “Tanto Pe’ Cantà” significa parlare di Nino Manfredi. L’attore interpretò magistralmente questo brano, durante una serata del Festival di Sanremo del 1970. Manfredi fu il primo ospite della storia della kermesse a portare un brano fuori concorso e decise di interpretare proprio questa canzone romana. La sua esibizione ottenne un successo semplicemente clamoroso: il pubblico in sala esplose in un applauso fragoroso e per giorni non si parlò d’altro che di quella parolaccia cantata in diretta nazionale. Nino infatti attuò una piccola modifica al testo del brano, sostituendo la parola “rintontoniva” con “rincojoniva”. Una scelta fortissima, che l’attore si divertiva a minimizzare con una battuta: “Ho cambiato le parole sennò all’estero non capivano!”.

PETROLINI E LA SUA STORIA
Nino Manfredi ha legato il suo nome a quello di “Tanto Pe’ Cantà” al punto da far pensare a tantissime persone di essere il suo autore. In realtà questa canzone romana è stata scritta, nel 1932, da Ettore Petrolini: una leggenda del varietà italiano di cui abbiamo già parlato all’interno del mio Diario (LEGGI QUI). “Tanto Pe’ Cantà” dunque è di Petrolini, ma non solo: il brano infatti è molto più autobiografico di quanto non si potrebbe immaginare. Il suo testo è pieno di rimandi alla sensibilità del suo compositore e, addirittura, alla sua salute.

Quando scrisse questo brano, Ettore Petrolini era costretto a letto dall’Angina Pectoris: la stessa malattia che, purtroppo, gli avrebbe tolto la vita pochi anni dopo. Pensiamo ora all’avvio della canzone (“Basta ‘a salute… Quanno c’è ‘a salute c’è tutto…”), pensiamo al celebre friccico ner còre che abbiamo cantato tutti almeno una volta… Si tratta di semplici immagini poetiche? O forse Petrolini, da genio assoluto quale era, riuscì a trasformare in arte persino le sue condizioni precarie? La risposta definitiva la conosce soltanto lui. A noi non resta che ammirare questo suo capolavoro, capace di intrigare e appassionare a quasi 100 anni dalla sua nascita!